Sarà capitato a tutti di imbattersi in un libro nel quale l’accento di determinati personaggi viene reso graficamente con un’ortografia diversa dalla norma. È una tecnica semplice ma molto efficace, molto più del descrivere il modo di parlare di un personaggio. Non bisogna abusarne, certo, ma è probabilmente il metodo migliore. Che succede però quando un traduttore si trova alle prese con un personaggio del genere?
Nel libro La città dei clown, di cui vi ho già parlato, c’è un personaggio chiamato Mugabo, un potentissimo mago africano. Il modo in cui Will Elliott rende graficamente il suo accento fa pensare ad un accento dell’Africa francofona: Mugabo dice ‘treek’, ‘peeg’, ‘geev’ e ‘sometheeng’ (anziché ‘trick’ ‘pig’, ‘give’ e ‘something’), oppure ‘ze’ e ‘zis’ (‘the’, e ‘this’). Fondamentalmente allunga le ‘i’ in ‘ee’ e non riesce a pronunciare bene il fonema ‘th’.
Nel divertentissimo Vodka, ci sei? Sono io, Chelsea, di Chelsea Handler, c’è invece una massaggiatrice (o no?) cinese , che dice ‘wicense’, ‘cwothes’ e ‘wesbian’ (‘license’, ‘clothes’ e ‘lesbian’) oppure ‘fuhst’ e ‘dollah’ (‘first’ e ‘dollars’). Insomma, per quanto possano essere stereotipati, i soliti e ben noti problemi con le ‘l’ e le ‘r’.
Nel meraviglioso Ogni cosa è importante! di Ron Currie Jr (presto in libreria da Strade Blu Mondadori, vi tengo aggiornati) mi sono imbattuto invece in uno steward dal chiaro accento sudamericano, segnalato da variazioni ortografiche come ‘ree-fill’ (‘refill’), ‘ello’ (‘hello’), ‘choo’ (‘you’). Anche lui allunga le ‘i’, si mangia le ‘h’ e pronuncia la ‘y’ come una ‘j’ come mi risulta si faccia nello spagnolo di diversi paesi latini.
Il mio approccio a questi piccoli problemi di traduzione è tanto semplice quanto divertente. Innanzitutto traduco le frasi del personaggio correttamente, poiché l’accento del personaggio, distorcendo fonemi specifici, andrà ovviamente a colpire parole diverse in inglese e in italiano. Dopodiché, per vedere quali, mi metto semplicemente a pronunciare le frasi di quel personaggio con l’accento in questione, e apporto le modifiche necessarie. Sarà che ho sempre avuto un discreto talento per le imitazioni e gli accenti in particolare, ma pare che funzioni.
E allora ecco che Mugabo in italiano dice cose come ‘gonillio’ ‘gazzo’ e ‘guesto’ (‘coniglio’, ‘cazzo’ ‘questo’) ‘palliaccio’ (‘pagliaccio’) o ‘piasce’ (‘piace’). In sostanza, ‘c’ dure troppo dure, ‘c’ dolci troppo dolci, problemi (come quasi tutti i non-italofoni) con la sillaba ‘gli’.
La massaggiatrice cinese, invece, parla di ‘pagale plima’ e così via, tuttavia ho voluto anche darle una ‘s’ tendente alla ‘z’, fenomeno che ho osservato in diverse occasioni, come in ‘Met-ta quezto zu zuo zedele’ e ‘lezbi-kah’.
Alfredo, invece, lo steward presumibilmente messicano, dice ‘Me serve altro café’, ‘Tuto bene’ e ‘Hai tirrato l’agua tipo venti vuolte’, calcando quindi il problema di chi parla spagnolo con le doppie in generale, ma per contro il quasi raddoppiamento che colpisce le ‘r’. Un altro aspetto interessante era l’interferenza fra parole simili nelle due lingue (‘me’, ‘cafè’, ‘agua’). Purtroppo, per mancanza di un grafema adatto, ho dovuto rinunciare a fondere le ‘b’ e le ‘v’ in quel suono intermedio che è uno dei veri tratti distintivi della maggior parte degli accenti di chi parla spagnolo.
In conclusione, quel che faccio è fondamentalmente determinare l’accento, applicarlo alle frasi che quel personaggio dice in italiano, e il gioco è fatto. C’è qualche collega usa un metodo diverso, in questi casi? Oppure che ha qualche altro esempio relativo ad altri accenti che è stato interessante rendere?
Ciao Beppe,
anzitutto, complimenti per il bel blog e per i post interessanti e approfonditi che pubblichi. È sempre un gran piacere leggerti.
Come ben sai, la traduzione letteraria non è il mio campo di lavoro, ma quando si parla di problematiche di resa, il pignolo che è [in] me si fa sentire.
Mi ha fatto sorridere il tuo metodo per adattare gli accenti dei personaggi, per la sua semplicità e naturalezza. Il risultato è un’immediatezza che permette al lettore di ritrovarsi subito come faccia a faccia con il personaggio.
La mia domanda è più che altro una curiosità: come sei arrivato a dare a Mugabo un accento che, in italiano, collegherei più a un centroafricano (subsahariano, per dire) che non a un maghrebino, quindi tendenzialmente francofono? Ammetto di non aver letto il libro (rimedierò) e di non conoscere il personaggio, quindi probabilmente mi mancano degli elementi.
Altra cosa, ma qui si spacca il capello in quattro, e difficilmente sarebbe una soluzione meritevole di pubblicazione: le prime volte che ho sentito (completamente digiuno di conoscenze di pronuncia dello spagnolo) la pronuncia di parole come “ventana”, mi sembrava quasi di sentire una “m” iniziale. Chissà, forse all’orecchio italiano medio dà questa impressione…
Saluti,
Fabio
Ciao Fabio,
grazie di cuore della visita, dell’apprezzamento e soprattutto della tua curiosità e pignoleria!
Mugabo è assolutamente subsahariano (viene descritto nero come la pece, e già il nome fa molto Africa nera) ma le ‘z’ soprattutto mi hanno fatto pensare all’Africa subsahariana francofona (Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Benin, Niger ecc.) e all’accento di alcuni amici senegalesi conosciuti in Francia. Dopotutto, nelle ex-colonie inglesi, pur essendoci un inglese non-standard, l’accento nella versione inglese (e le lacune grammaticali di Mugabo, su cui non mi sono soffermato) sarebbe stato meno calcato, credo. In realtà poi ho parlato con l’autore e Mugabo non ha una storia precisa al di fuori del circo, quindi avevo un po’ carta bianca e mi sono fidato dell’istinto.
Per la questione della b/m/v spagnola, hai ragione a tirare in ballo anche la ‘m’, dopotutto è lì vicino (mettiti ad articolare le consonanti una dopo l’altra!) Alla fine è l’approssimante bilabiale, e volendo potrebbe ricordare anche una ‘u’. Soltanto che sia la ‘b’ che la ‘v’ che la ‘u’ finivano col creare parole pressoché illeggibili, e lo stesso sarebbe successo, ahimé, con una ‘m’. Che vuoi fare, quando mancano i simboli?
Grazie ancora del commento, spero di ritrovarti presto!
Devo dire che leggo con estremo piacere i tuoi post linguistici. Si vede che l’argomento ti appassiona davvero tanto. Mi piacerebbe condividere qualche mia esperienza ma ancora non ne ho quindi mi accontento di leggere le tue e rifletterci sopra e trarre spunti 🙂
Ciao Alice,
grazie come al solito della visita e dell’apprezzamento. Sulla passione non ci sono dubbi, a volte rasento l’ossessivo! 🙂
Ciao Giuseppe!
Trovo il tuo post molto interessante e nel mio caso anche utile! 😉
Sto per scrivere una tesi sulla traduzione di accenti e dialetti, e proporrò un saggio di traduzione di “Monologo desde las tinieblas”, di Antonio Galvez Ronceros.
Sai per caso indicarmi fonti teoriche in proposito? Sto rovistando in internet ma non trovo molto sulla traduzione di accenti e dialetti!
Ti ringrazio, buona giornata
Lisa
Ciao Lisa!
Grazie della visita e dell’interesse. Complimenti per la tesi, mi sembra un’ottima idea. A livello di fonti teoriche non so indicarti niente, purtroppo. Dopotutto, la migliore fonte teorica, secondo me, è un insieme di fonti “pratiche”, visto che non è facile individuare strategie generali, dipende sempre dal contesto, dal registro, dallo stile del libro, dal pubblico che lo leggerà… Presto però pubblicherò sul blog il testo di un mio intervento ad un recente simposio, che riprende i temi di questo post ma li amplia in una cornice un po’ più “teorica”. Quindi torna a trovarmi nelle prossime settimane, magari ti può essere utile. Mi spiace non poterti aiutare di più. Buona fortuna con la ricerca.
A presto
GMB
ciao, ho un dubbio e vorrei che qualcuno mi chiarisse le idee. sto scrivendo un romanzo e alcuni personaggi sono inglesi. vorrei lasciare al lettore la stessa sensazione che avrebbe ascoltando un inglese che parla male italiano. preferisco quindi storpiare qualche parola o omettere piccole preposizioni cos così, però il personaggio ha diversi dialoghi, non vorrei che risultasse pesante alla fine. Cosa mi consigli? ci sono altre strade?
Ciao Marco,
Grazie della visita.
La tua strategia mi sembra sensata. Dipende tutto da quanto vuoi calcare la mano, e dal tipo di personaggio. Se hai paura di esagerare puoi semplicemente attribuire al personaggio una grammatica decente ma qualche errore ricorrente, in modo tale che le frasi risultino scorrevoli. Io ti consiglierei di ascoltare il più possibile una persona o un personaggio che abbia una parlata simile a quella che hai in mente, e prendere nota di quelle che sono le dinamiche.
Buon divertimento!