Nel mio primo post sostenevo la necessità di riconoscere a dovere il prezioso lavoro del traduttore. Qualcuno, specie chi non parla una seconda lingua, potrà chiedersi cosa mai faccia un traduttore di tanto speciale, al di là della poetica immagine del contrabbandiere che ha dato il nome a questo blog. Cercherò di spiegarlo in maniera semplice, di modo che anche i non-addetti ai lavori che leggono possano partecipare alla discussione, imparare qualcosa sul nostro lavoro e aiutarci ad andare quel riconoscimento di cui sopra.
Un traduttore letterario è uno scrittore a tutti gli effetti, fama a parte. Certo, io parto da un libro già scritto, ma devo leggerlo più volte (quando c’è il tempo) coglierne lo stile, il tono, i registri, i vari livelli di lettura. Devo individuare le peculiarità linguistiche della voce del narratore e dei vari personaggi rispetto a quella che è la lingua standard. Devo immagazzinare queste ed altre informazioni. Devo digerirle, e mentre lo faccio devo seguire il meglio possibile la miriade di ramificazioni emotive che il libro mi suscita, in modo da farmi un’idea dell’effetto che dovrò ricreare.
Dopodiché comincio a tradurre. La cosa più ovvia, e anche la più facile, è traghettare nella lingua d’arrivo gli eventi, le immagini, gli elementi per così dire informativi del testo. Però bisogna anche che la voce dell’autore, il suo stile, e quindi il suo registro, il suo uso della punteggiatura, gli aspetti, appunto formali, vengano resi di modo che la traduzione rappresenti la cosa più vicina all’originale che si possa scrivere nella lingua d’arrivo. E qui cominciano i problemi, perché gli aspetti formali sono specifici di ogni lingua, e quindi è un’equivalenza dinamica e non formale, per dirla con Nida, quella che si cerca, una maniera di suscitare nel lettore della traduzione gli effetti che l’originale ha suscitato in me.
Dopodiché, voglio anche che le voci e la psicologia dei personaggi mantengano i loro tratti distintivi, trovando soluzioni per far sì che, per quanto possibile, vengano percepiti dal lettore della traduzione così com’erano percepiti dal pubblico dell’originale. E qui entrano in gioco fattori culturali, economici, sociali e politici, relativi non alla lingua, ma alle comunità che la parlano, ai diversi gruppi all’interno di quelle comunità, al modo in cui interagiscono. Si tratta di far capire a un italiano la percezione che un fattore texano ha del colletto bianco di Boston, per dire. E’ come far capire a un australiano il rapporto fra bresciani e bergamaschi. A parte che non posso spiegarglielo. Devo rendere l’idea tramite la mia traduzione – odio le note a piè pagina in narrativa. È una bella sfida, insomma.
E ancora, l’atmosfera, le sensazioni, i sentimenti, le idee, devono mantenere la potenza e l’impatto che l’autore ha conferito loro, anche e soprattutto quando non appartengono davvero alla cultura della lingua d’arrivo. Questo è il contrabbando di cui parlavamo qualche giorno fa. Il lettore si ritrova ad immedesimarsi in una mente che funziona diversamente dalla sua. Nuove connessioni prendono vita nel suo cervello. Le possibilità di crescita, umana e culturale, sono letteralmente infinite, se mi perdonate l’immodestia.
Vale anche la pena ricordare che dopo aver fatto tutto questo, e finita la prima versione, me ne restano altre cinque. In genere, alla sesta stesura, dopo aver letto il libro otto volte in due lingue, ogni cosa sembra finalmente al suo posto. Di solito sono passati due o tre mesi.
Insomma, quando leggete un libro di un autore straniero, e questo scorre, in bell’italiano, vi porta lungo il Mississippi o chissà dove, e pur straniti e straniati da quel luogo alieno riuscite ad entrarci, a capirlo, vuol dire che il traduttore ha fatto un gran bel lavoro. E il paradosso, la nostra invisibilità, per dirla con Venuti, sta proprio nel fatto che quando lavoriamo bene uno non si accorge del nostro intervento. Sarebbe bello se invece ci abituassimo a considerare quell’anello fondamentale che è il traduttore.
Tolta di mezzo questa necessaria ma pur sempre vaga introduzione del quadro d’insieme, nelle prossime settimane cercherò di affrontare alcuni di questi aspetti tramite esempi e casi di studio. Non mancate.
P.S. Un grazie di cuore a coloro che stanno seguendo questo blog nonostante sia soltanto in rodaggio. Vuol dire molto.
Ciao Giuseppe, sono capitata qui da Liberi professionisti traduttori e, da traduttrice esordiente e con un suo blog, ho deciso di seguirti. A presto!
Alice
Ciao Alice! Benvenuta, e grazie per l’attenzione e per il commento… Adesso vado a dare un’occhiata al tuo blog, teniamoci in contatto, a presto!
Ciao Giuseppe,
grazie per il tuo commento sul mio blog.
Dato che mi hai scritto che presto pubblicherai un articolo sugli scempi della traduzione cinematografica, mi permetto di segnalarti qualche mio post a riguardo, magari può servirti come spunto…
http://traduzioniealtrestorie.wordpress.com/2009/03/07/il-caso-the-millionaire-non-cosa-ma-perche/
http://traduzioniealtrestorie.wordpress.com/2008/11/06/nuove-considerazioni-sul-doppiaggio-italiano/
http://traduzioniealtrestorie.wordpress.com/2008/06/29/title-ovvero-lincredibile-storia-di-un-titolo/
http://traduzioniealtrestorie.wordpress.com/2008/06/20/11/
Tornerò presto.
Chiara
Ciao Chiara,
benvenuta, e grazie a te per la visita! E anche per le segnalazioni. Gli articoli sono molto interessanti, e devo dire che mi piacerebbe molto cominciare a tradurre anche per il cinema. Quindi preparati, perché di tanto in tanto ti chiederò lumi… Slumdog Millionaire l’avevo già inserito, per me è uno dei casi più eclatanti (sia per il titolo, sia per quel pasticciaccio brutto del linciaggio) ma vedo che tu sei molto più tenera e comprensiva di me!
Mi faccio vivo quando pubblico quel post (probabilmente sabato) perché mi interesserebbe molto avere un tuo parere…
A presto
GMB
Ciao,
volentieri. Anzi, a dire la verità, io, viceversa, vorrei lanciarmi nel mondo della traduzione editoriale/letteraria, che per ora ho sempre percorso ai margini… Ho inviato qualche prova di traduzione a una casa editrice e sono ancora in attesa di un riscontro, ma se ti va di darmi qualche consiglio su come farmi conoscere in questo settore, sono tutt’orecchi (anzi, tutt’occhi!).
Grazie, ciao
Chiara
Giuseppe, ancora un’altra cosa. La foto che hai postato nella pagina “About” è bellissima! Complimenti!
Grazie, però ovviamente essendo io il soggetto me l’ha fatta la mia ragazza. E, non per sminuirla, ma quei paesaggi fanno tutto da soli… Eravamo di fronte alla Marmolada, lungo il Viel dal Pan, in Val di Fassa. Luoghi magici, davvero. A presto!